Inzinzines

Sette miniature minerali al monocordo

Dopo l’esordio di  Girare il sole, Inzinzines  nasce dalla idea di elogiare la sensibilità del polpastrello, non solo nella percezione tattile, oggi ridotta all’uso prensile, ma anche e sopratutto nella vivace percezione di fremiti e vibrazioni fino ad attribuire al polpastrello la percezione visiva che ne fa  periscopio.


Le dita leggono e magnetizzano… A volte conviene – scendere dall’inganno di comprendere – e vendemmiare la vita… Folle, ma vero, troppo occupati a capire, meno a percepire usiamo il tatto ma non ascoltiamo il tatto.


Inzinzines è una parola inventata e ispirata dalla fonetica della mia lingua madre, il dialetto romagnolo. Per traslitterazione nella lingua tosco italiana si potrebbe dire Inzinzinarsi e cioè contagiarsi, inzupparsi, interrogarsi, forse ribellarsi e comunque contagiarsi, nel senso di ascoltare e sporcarsi di quanto recepito. Ma anche andare oltre l’apparenza, e scavare non solo nel come e nel cosa, anche nel perché e nel domani del cosa e del come… lasciando scorrere il pensiero tra i filari… diraspare svinare travasare… la voce delle dita oltre il vetro della parola.


La sensibilità del polpastrello è ispirata dalla figura di Tebaldo un antico miniatore custode di arcani inchiostri e pigmenti per capolettera dei codici miniati, e non solo. Polpastrello periscopio e radar. Poesia al monocordo s’ inzinzinna e s’inzinzinnano verso voce corde e legno.


girare il sole

Serenata del mattino

Quando Francesco Giubilei, direttore artistico di GAMO mi chiese di scegliere un quadro di Picasso per esordire con la mia poesia al monocordo in un concerto dedicato al pittore spagnolo, scelsi di getto Aubade e altrettanto di getto Girare il sole fu titolo appropriato. Aubade, serenata del mattino, dipinto a Parigi nel 1942, durante i giorni di sopruso e occupazione nazista, è tutt’altro che una serenata,  è tormento che contagia forme e colore. Ho immaginato un girasole ferito da ombre rapaci, quasi reciso dalla lama dei venti di guerra, incapace di girarsi contro sole, ma determinato ad aggredire il grigio di un sole senza alba.  I versi già nel preludio graffiano …sole grigio si spegne   –   in una tosse di alba    –   vuota di respiro  –   il sole non fa amore col futuro… Il graffio di un’alba lacerata, sottomessa, soffocata arriva a…convertire a follia l’ora morta di aurora. Mi hanno aiutato vocalizzi di versi scelti, elaborati e contagiati da antichi dialetti, grecanico, friulano, siculo, sardo, molisano, lucano, ligure, trentino, piemontese. Dialetti rielaborati in una cerniera di vibrazioni e convivenze sonore con il mio italiano acustico che privilegia la ricerca di micro sonorità sillabiche di un comune andare per accenti. Voce, versi, corda e legno hanno interpretato un percorso privo di narrazione, estraneo alla dinamica del comprendere. Proiettato a una poetica di suoni minerali. Un percorso controcorrente. Credevo, scaramanticamente, che mi tirassero pomodori. E invece, dopo gli applausi qualcuno mi ha confidato “Non ho capito nulla, ma mi è piaciuto molto. Altri “Il tuo suono minerale, a ben pensarci è una innovazione arcaica”